di Giovanni Bonavia, ideato e diretto da Vincenzo Gamna Libretto I solisti d’una vecchia banda musicale vengono richiamati in scena, nella luce dei nostri giorni. La loro confessione si fonde alla musica; e la musica è sangue che alimenta l’umana vicenda, il suo palpito incerto. Nel 1954 Vincenzo Gamna, giovane regista cinematografico agli esordi, realizzava un documentario sull’ultima banca musicale della cittadina di Carignano. Una musica di paese bella, sana, vera, naif, fatta da gente povera, contadini e operai. Una musica che venne uccisa dall’avvento dei juke box. Ora quel documentario si fa teatro. In scena un’anziana donna, la maestra di Paese che faceva la “copista” per la banda, ovvero la correttrice degli spartiti, evoca cinque storie dei tempi della guerra di liberazione. Cinque storie povere, miserevoli, ma epiche. Come quella del partigiano appassionato di musica, solista nella banda del paese, arrestato dai tedeschi: sulla strada che lo porta all’esecuzione vede come in sogno venirgli incontro Gioacchino Rossini che lo prende sotto braccio e lo porta a passeggiare tra le stelle. Alla fine dello spettacolo la banda che non c’è più suonerà il valzer triste di Sostakovic diretta dal Maestro Rossini. La musica dei poveracci, la loro parola semplice, rende epico il teatro. Un canto semplice che non è quello della presa di Troia, ma del trionfo umile e costante della musica. Una Spoon River delle bande musicali.
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