Un giardino per Josephine

 

Un giardino per Josephine è la nuova proposta di Progetto Cantoregi e della Soprintendenza dei Beni Architettonici e Paesaggistici per la stagione invernale del Castello Reale di Racconigi. Raccoglie il testimone dai fortunati Colori di presepi napoletani in una casa di re, Altre voci Altre stanze, Le dimori interiori, Saudade, Il Giardino d’inverno e dà continuità ad un linguaggio espressivo ormai riconoscibile seppur di difficile catalogazione, che possiamo approssimativamente e per convenienza definire performance multimediale, dove le discipline artistiche sconfinano e si combinano tra loro, generando un unicum scenico che offre un’opportunità diversa e innovativa di scoperta e conoscenza della vicenda storica della residenza sabauda e dei personaggi che vi hanno soggiornato. Uno statuto narrativo davvero congeniale a creare le condizioni per una partecipazione sensoriale dello spettatore, sollecitato sotto molteplici aspetti – fisico, acustico, tattile, visivo – pur lasciando che questo moto ondoso di sensazioni trascolori nella sua emotività interiore. In questa occasione il percorso di immagini, suoni e luci è incentrato sull’affascinante e misteriosa figura della principessa Josephine di Lorena Carignano (1753 – 1797) e si snoda, novità assoluta, di notte, nel parco, pur con un breve prologo in quelle sale del Castello Reale che ospitarono il suo appartamento. Figlia di Carlo duca d’Armagnac, sposa a quindici anni di Vittorio Amedeo di Carignano e vedova a ventisette, madre di Carlo Emanuele, fervida studiosa di storia greca e romana, e di filosofia, solerte e sensibile lettrice di poesia, scrittrice lei stessa, grande viaggiatrice, femme savante e protofemminista, Josephine ebbe una vita breve ma intensa. A lei si deve la trasformazione del parco di Racconigi in giardino all’inglese, nei cui elementi estetici, nelle cui fabriques, si delineano e si rappresentano, a ben guardare, chiari e puntuali riscontri della sua visione della vita, le sue idee filosofiche e la sua produzione letteraria. Il giardino, per Josephine, non rappresenta soltanto un ritorno alla naturalezza, ma le appare come un simbolico itinerario esistenziale, “un’isola felice”, una “camera delle meraviglie all’aperto”, un “teatro della memoria”, il luogo – non luogo dove s’incarna il mito della bontà della natura, e dove si esaurisce l’affannosa ed inesausta ricerca del bonheur. Un giardino per Josephine si propone dunque come un percorso di scoperta della ricchezza ma anche della complessità della sua personalità. Un viaggio notturno, in un’atmosfera carica di suggestioni, tra suoni, luci e immagini che si rivelano pure, intense, quasi fossero apparizioni, epifanie di inedite possibilità visive, sorprendenti rivelazioni della materia e della luce. Dove il parco si fa, eccezionalmente, mediatore tra il suo aspetto formale e l’essenza che ci è ancora ignota, si fa cioè soglia, passaggio ad un mondo nascosto, sconosciuto, che ci rivela uno “spazio” altro, uno “spazio interiore”, che travalica la nostra percezione sensoriale. Dove ritrovare, di Josephine, quell’istanza complessiva che si nasconde dietro l’orizzonte dei suoi tanti e stimolanti rimandi intellettuali, dei suoi innumerevoli riferimenti culturali. E dove sintonizzarci, anche se nel provisorium di una sera soltanto, con le sue più recondite emozioni. Con le sue più intime esitazioni del cuore. Forse, anche le nostre. Recensione di Paolo Boho Altro appuntamento della settimana da non perdere è, per chi non l’avesse già vista, la performance multimediale “Un giardino per Josephine” , visitabile per gli ultimi tre giorni venerdì 16, sabato 17 e domenica 18 al Castello di Racconigi. Come ricorderete, si tratta del nuovo allestimento di Progetto Cantoregi , l’effervescente compagnia (non solo) teatrale di cui vi abbiamo parlato spesso in questi anni, magari per l’acclamato “Voci erranti”, per il laboratorio al carcere di Saluzzo oppure per la rassegna nell’ex ospedale psichiatrico della stessa Racconigi. Questo nuova “mostra”, come al solito pensata e realizzata con intelligenza, forza evocativa e gusto visionario da Vincenzo Gamna, Koji Miyazaki e Marco Pautasso, segue le precedenti Colori napoletani in una casa di Re , Altre voci altre stanze , Le dimore interiori , Saudade e Il giardino d’inverno , svoltesi con successo negli scorsi inverni nella ex dimora sabauda. Il Leitmotiv del percorso di quest’anno è l’interessante figura di una principessa intellettuale, Jo sephine di Lorena Carignano (1753-1797), davvero uno dei personaggi simbolo della storia del Castello e soprattutto del parco di Racconigi di cui è stata la principale ispiratrice. La sua poco prevedibile biografia è quella di un’aristocratica attenta ai fermenti intellettuali provenienti allora dalla sua Francia, una donna che vive una fase cruciale della storia europea (prima e dopo il 1789) in bilico tra tradizione e modernità, tra privilegi e nuovi valori “illuminati”. Il creativo trio di Progetti Cantoregi ha scelto per rievocare Josephine una sezione del Castello e ovviamente il Parco. Nella prima (visitabile entro le 18,30) ha mostrato luoghi e soprattutto attività care alla Principessa: la lettura in primo luogo, l’interesse per la scienza ma anche per il gioco delle carte, disseminando in alcune – tra l’altro bellissime – stanze indizi di una sua quasi fantasmatica presenza, delle sue passioni intellettuali e della sua ricerca interiore, usando come di consueto arredi del Castello, proiezioni, musiche e voci registrate. Il centro vero e proprio dell’allestimento multimediatico è, però, il Parco, visitabile dalle 17,30 alle 23, dove un percorso delimitato da luminose pietre artificiali porta gli spettatori a ritrovare i luoghi progettati o amati da Josephine, di cui in certi casi restano tracce, in altri no: l’eremitaggio, dove la nobildonna andava a meditare, l’isola dei pescatori, la grotta di Merlino (uno dei luoghi più magici della mostra), l’evocazione dell’antico Egitto, piuttosto che la tomba dell’amato cagnolino Werter (sic!) e così via, offrono a Koji Miyazaki, Marco Pautasso e Vincenzo Gamna l’occasione e/o il delizioso pretesto per costruire suggestivi quadri quasi teatrali, dove le luci, le immagini, le musiche e le parole scritte (o estratte leggendo i classici latini) da Josephine si mescolano costruendo alchimie sorprendenti. Nel buio, poi, i giganteschi alberi del giardino, illuminati in modo decisamente efficace, punteggiano la strada, apparendo quasi come come emozionanti monumenti naturali. A conclusione dell’itinerario, una sezione dedicata alla Rivoluzione Francese che sembra mettere in crisi l’incanto e l’utopia dell’aristocrazia illuminata e infine un giardino invernale, a raccontarci il raggiungimento della quiete dopo la frenesia, la fragilità e le ansie dell’esistenza. Paolo Bogo