PRIMA: Racconigi, Parco ex ospedale psichiatrico, 24 giugno 2005 TESTO: Vincenzo Gamna e Marco Pautasso, liberamente tratto da De senectute di Norberto Bobbio REGIA: Koji Miyazaki AMBIENTE E LUCI: Koji Miyazaki ELAB. SONORE: Gilberto Richiero COSTUMI: Luciana Bodda e Rinuccia Burzio INTERPRETI: Giovanni Moretti e gli attori dei laboratori teatrali “Centro incontro anziani” e “Voci Erranti”, diretti da Grazia Isoardi Libretto Le toccanti notazioni autobiografiche di Norberto Bobbio, le sue lucide e puntuali riflessioni sulla vecchiaia, cristallizzate nel saggio DE SENECTUTE, rielaborate drammaturgicamente ed accordate alle testimonianze emerse nel percorso laboratoriale presso il Centro Incontro Anziani di Racconigi, sono divenute fonte ispiratrice e principio informatore di una piccola creazione teatrale dedicata alla senescenza. Una proposta scenica che non si pone solo come un tentativo di esplorazione della terza e quarta età e dei suoi temi ricorrenti (l’indigenza, la solitudine, la memoria, la malattia), ma prova ad accendere una piccola luce nel nostro buio interiore, svelando a noi stessi quella verità che non abbiamo il coraggio di affrontare e che i vecchi invece segnalano: la condizione dell’esistenza umana, quell’angoscia insita nel nostro destino di mortali. Forse per questo, per la sua prossimità alla morte, la vecchiaia fa paura. Oggi, prima che definizione del naturale decadimento proprio dell’età avanzata, la vecchiaia pare uno stile di vita imposto dagli altri, una condizione indotta dalla società, dall’ambiente circostante, impegnato a risolvere le problematiche proprie degli anziani solo in termini di razionalità ed efficienza, senza alcuna capacità di ascolto, senza provare a dare loro voce. Ai vecchi vengono concessi spazi espressivi sempre più ridotti, vengono anzi imposti rigidi binari su cui devono incanalare quel che resta delle loro traiettorie di vita, senza possibilità di deviare, di cambiare percorso, dovendo altrimenti incorrere nella censura e nel pregiudizio sociale: ai giovani in qualche modo è permesso tutto, agli anziani non più. E quando si proibisce ad un corpo l’espressione di sé, quel corpo che col tempo diviene spesso più impedimento che strumento per stare al mondo, anziché aprirsi agli altri, si rinchiude nell’isolamento, nel silenzio, nel ricordo e nel rimpianto. Parcheggiati nell’inedia, in questo grande ospizio che per loro è divenuto il mondo, amputati se non deprivati della loro capacità affettiva, offesa la loro dignità di persona, i vecchi si lasciano vivere. Sopravvivono. E alla fine solo la morte, o la follia, sembrano riuscire a restituire loro quella soggettività negata. Articolo di Silvia Francia tratto da “La Stampa” Vecchiaia: a confronto il filosofo e un “nonno” qualunque La Stampa-Torino, 17 ottobre 2006 La vecchiaia secondo il filosofo e la vecchiaia secondo gli utenti di un Centro Incontro Anziani. Sara’ poi tanto diversa, la percezione di questo estremo segmento della vita, a seconda che a farne esperienza sia un pensatore come Norberto Bobbio oppure un <> qualunque, nella fattispecie uno di quelli che frequentano un centro ad hoc di Racconigi? Una domanda implicita, che sembra giustificare la formulazione secondo la Compagnia Progetto Cantoregi, che ha allestito <> di Bobbio: lo spettacolo, realizzato con lo Stabile torinese e inserito nel progetto che celebra il decennale della pubblicazione del saggio, e’ in cartellone al Maneggio Reale della Cavallerizza per questa sera e domani alle 20,45, domenica alle 15,30. Gli autori Vincenzo Gamna e Marco Pautasso e il regista giapponese Koji Miyazaki, sono partiti proprio da indicazioni e illuminazioni del celebre testo e da concetti come quello della <>, per coinvolgere nella riflessione un gruppo di anziani, che interpretano lo spettacolo, con l’attore Giovanni Moretti. Gli anziani raccontano se stessi, dunque, in un percorso rappresentativo che non e’ solo esposizione di temi ricorrenti – indigenza, solitudine, memoria, malattia – ma anche un tentativo di guardare molto da vicino l’angoscia della fine, insita nel nostro destino di mortali. Centrale, nello spettacolo, la tesi che oggi piu’ che in passato <>, una condizione indotta da una societa’ che misura il comparto <> secondo criteri di razionalita’, efficienza e consumo. Parametri rigidi, che non lasciano spazio all’ascolto. Sicche’ ai vecchi, via via che imbiancano, non restano che rigidi binari sgangherati su cui incanalare quel che resta delle loro traiettorie di vita. Silvia Francia Articolo di Maurizio Crosetti tratto da “La Repubblica” Dodici vecchi recitano Bobbio la Repubblica -Torino, 25 giugno 2005 Si sono messi a provare lo spettacolo dove un tempo c’ era la pista da ballo del manicomio, in mezzo al parco, sotto una pioggia di fiori di tiglio. Il profumo è dolciastro. Il dolore, mai del tutto dissolto. Sono dodici anziani più un attore professionista, Giovanni Moretti, e recitano il De Senectute di Norberto Bobbio. I vecchi che raccontano la vecchiaia: può bastare un gesto dolente, una parola lasciata vagare nell’ aria, una smorfia. Tutto ormai è vuoto, i padiglioni deserti, i muri scrostati, le panche sbilenche ma c’ è vita fortissima e densissima ovunque. Da fuori arriva, appena attutito, il rumore di un camion. «La discesa verso il non luogo, è lunga!» declama il protagonista, mentre i dodici vecchi fingono di dormire sulle carrozzine. Fanno tenerezza ma non pena. Hanno solo i ricordi, gialle fotografie stampate su ombrelli aperti da tenere sul volto e poi dondolare, scudo e rifugio. Si chiama «Progetto Cantoregi» ed è una rassegna teatrale nell’ ex Ospedale Psichiatrico di Racconigi, tra Cuneo e Torino, dove da ieri al 28 giugno (ore 21.30) è di scena il testo di Bobbio adattato da Marco Pautasso e Vincenzo Gamna, con la regia di Koji Miyazaki. E davvero tutto è speciale. Il luogo, il copione e gli attori, specialmente loro. Il più giovane ha 67 anni, il più vecchio 81. Li hanno ingaggiati con l’ aiuto dell’ assessorato ai servizi sociali, hanno fatto laboratorio di gesti e parole insieme a Grazia Isoardi e a ragazzi più abituati al palcoscenico, e in questo barnum c’ è posto per un detenuto del carcere di Fossano in permesso, Saddik, tunisino, e per l’ ivoriano Bubaz che è uscito l’ anno scorso e adesso recita, ma anche per qualche ex ospite del manicomio. Tenuti insieme, tutti, dalle riflessioni di Bobbio sulla vecchiaia, sulla morte che poi è solitudine, esclusione e diversità. Per il malato, il matto, il vecchio o il prigioniero, il dolore non cambia segno. «Gli anziani vengono rimossi perché ci ricordano la morte, compresa la nostra, e in questa società delle mistificazioni non è permesso» dice Marco Pautasso, uno degli autori. è lui a governare la prova generale, ma ormai gli attori sanno calibrare movenze e voci come se lo facessero da sempre. «La sensazione che provo nell’ essere ancora vivo è soprattutto di stupore, di incredulità». «Direi con una parola che ho una vecchiaia melanconica, intesa la malinconia come la consapevolezza che il cammino non solo non è compiuto, ma non hai più tempo di compierlo». Bisogna ripetere la scena delle carrozzelle davanti al televisore, è finita la batteria del primo microfono. «Si dice: alla fine tu sei quello che hai pensato, amato, compiuto. Aggiungerei: tu sei quello che ricordi». Le voci rimbalzano nei lunghi viali vuoti, dai padiglioni più lontani non si tornava indietro, per esempio il terribile Morselli, ed ecco il reparto agitati e le celle d’ isolamento. Così è rimasto qui dentro Eugenio per tutta la vita, arrivò che non aveva ancora cinque anni. Nel 2001 il manicomio ha chiuso anche gli ultimi reparti ma c’ è chi non lo lascia, è Mario, ogni notte viene in bicicletta a controllare che tutto sia a posto, guardiano del nulla che però per lui è tutto, perché c’ è dentro l’ intera sua vita trascorsa qui. Una casa, anche del dolore, rimane una casa. E questa era di più, era una città abitata da 1.420 reclusi e perfettamente autonoma con la sua centrale termica, l’ obitorio, la colonia agricola dove si poteva lavorare solo come premio, in cambio di un bicchiere di vino a cena. C’ era il panificio trasformato dagli ex matti in palestra ed è lì che ora provano gli spettacoli, e poi il reparto dei “cit”, i bambini, quelli che magari entravano perché mongoloidi o appena ritardati o solo figli incestuosi o illegittimi, lasciati in un fagotto e mai più liberi, senza avere conosciuto neppure un giorno normale, fuori. Tutto il dolore senza voce ma con tanta storia, e si può raccontare facendo finta, con la scusa del teatro, perché invece è proprio vero. Finché i vecchi non si alzano in piedi e lasciano le carrozzelle, non perché vinca la vita ma perché si è arrivati al dunque, e si smonta. «La mia morte è imprevedibile per tutti, ma per me è anche indicibile». Cigola una ruota, piovono altri fiori. C’ è un vento leggerissimo. Maurizio Crosetti Articolo di Alfonso Cipolla tratto da “La Repubblica” Bobbio e la vecchiaia in scena con Cantoregi la Repubblica-Torino , 17 ottobre 2006 La forza del Progetto Cantoregi è quella di pensare a un teatro fuori dalla logica commerciale del teatro. è un privilegio che consente di concepire lo spettacolo come una tappa di un percorso capace di aprirsi fino ad accogliere al suo interno una vera e propria comunità ritrovata. è quanto accade anche nel De senectute, una rielaborazione scenica dell’ impietoso saggio sulla vecchiaia di Norberto Bobbio firmata da Vincenzo Gamna e Marco Pautasso per la regia di Koji Miyazaki. Fedele alla propria poetica, la Cantoregi mescola il popolare alla riflessione colta. Anziani veri portano testimonianza di sé: schegge di solitudine, di malattia, di disgregazione di ricordi, che concorrono quasi a formare geometrie simboliche e coreografiche. Agli attori dei laboratori teatrali di Racconigi, del Centro Incontro Anziani e delle Voci erranti diretti da Grazia Isoardi, si sovrappone Giovanni Moretti che alle parole di Bobbio dà corpo, quasi per notomizzarle, per seguire le più recondite costruzioni del pensiero, tanto lucido e implacabile quanto armoniosamente ricco di un vissuto non detto e ormai spento. Ne nasce uno spettacolo lancinante e visivamente ineccepibile: una tappa importante del lungo cammino della Cantoregi, di cui Salvatore Gerace e Erika Monforte hanno appena ricostruito la storia nel volume In cerca di un paese. I trent’ anni del Progetto Cantoregi, uscito in questi giorni per i tipi delle Edizioni Seb 27. De senectute debutterà questa sera alla Cavallerizza, Maneggio Reale e vi rimarrà in scena fino a domenica. Uno spettacolo da non perdere. Alfonso Cipolla Articolo di Aldo Mano tratto da “La Stampa” De Senectute storie dal mondo degli anziani La Stampa-Nord Ovest , 22 giugno 2005 Una ricognizione sul mondo degli anziani, una riflessione sulla vita nelle case di riposo, protagonisti Giovanni Moretti e gli attori del laboratorio teatrale del Centro Anziani di Racconigi, per la regia di Koji Miyazaki. Si conclude cosi’, con il <>, il 5 festival <>: e’ l’evento piu’ atteso, quello che Vincenzo Gamna e Marco Pautasso del <> hanno liberamente tratto dall’omonimo saggio sulla vecchiaia scritto da Norberto Bobbio. La morte e’ al centro dello spettacolo che verra’ proposto nel parco dell’ex ospedale psichiatrico di Racconigi, dalle 21,30, da venerdi’ a martedi’ 28. Prendendo spunto dal testo del filosofo piemontese, scomparso nel gennaio 2004 a 94 anni, gli autori hanno elaborato una proposta teatrale che cerca di indagare la terza e quarta eta’, che prova a raccontare quella stagione della vita – la vecchiaia – che e’ diventata un grande e irrisolto problema sociale, non solo perche’ e’ aumentato il numero dei vecchi, ma anche perche’ e’ cresciuto il numero di anni che si vivono da vecchi. Abilmente diretti dal regista giapponese, accanto al <> Giovanni Moretti, gli anziani <> racconigesi si muovono perfettamente a loro agio sulla scena. C’e’ Carla, 80 anni, insegnante elementare in pensione, vedova da quasi 40 anni, nonna a tempo pieno. C’e’ Anna, 65, anche lei insegnante in pensione, con un marito pensionato e un figlio trentenne. Poi Franca, 64, ex infermiera del neuro, che ha voluto tornare nei luoghi dove ha lavorato per una vita; Ettore, 82, pittore e scapolo impenitente; Mario, 64, ex impiegato dell’Asl, deluso dalla politica e di recente nonno; Andreina, casalinga per tutta la vita, vedova da poco, che non sa piu’ come far passare il tempo; Antonio, detto <>, 72 anni, scapolo, da tanti anni attore in svariate compagnie dialettali. E gli altri, tutti con vita e storie differenti, ma con un unico comune denominatore: diversi fra loro per eta’ e situazioni, condividono le motivazioni che li hanno spinti prima a frequentare il laboratorio teatrale di Grazia Isoardi, poi a provare l’emozione della scena. <<e’ un=”” modo=”” per=”” trascorrere=”” il=”” tempo=”” -=”” dicono=”” -,=”” impegnandoci=”” in=”” qualcosa=”” di=”” costruttivo,=”” che=”” ci=”” fa=”” sentire=”” ancora=”” utili.=”” mantenere=”” allenata=”” la=”” memoria,=”” diversamente=”” si=”” affievolisce=”” giorno=”” giorno,=”” e=”” illuderci=”” essere=”” giovani.=”” palcoscenico=”” gli=”” spettatori=”” diranno=”” se=”” ne=”” e’=”” valsa=”” pena=””>>. <</e’>