SOMS Racconigi via Carlo Costa 23
intero 18 euro
ridotto 15 euro (over 65 under 25)
gratuito under 16
abbonamento 8 spettacoli 80 euro
carnet 3 spettacoli 40 euro
Biglietteria online QUI
info e prenotazioni
info@progettocantoregi.it | 3492459042
Siamo lì, sospesi sul bordo del “quasi”, intrappolati tra un passo avanti e il vuoto. Quasi pronti a vivere, ma già esausti. Le memorie giocano con il tempo, ripetono storie già consumate, ci sfiorano con il loro eterno ritorno di illusioni. Sotto la calma superficiale, cova la violenza, silenziosa, composta. La vita si dilata nell’indecisione, in un interminabile “quasi” che ci tiene immobili. Dai confini al centro, e di nuovo indietro, lo spazio si riempie di silenzi e di voci, tutte in cerca di un varco verso l’infinito. Alla fine, resta solo una domanda sospesa nell’aria: chi diavolo siamo, davvero?
25 ottobre | ore 21
DISPENSABARZOTTI
THE BARNARD LOOP
ideazione e scrittura: Alessandra Ventrella e Rocco Manfredi
regia: Alessandra Ventrella
con: Jacopo Maria Bianchini e Rocco Manfredi
scene: Rocco Manfredi e Paolo Romanini
luci: Alessandra Ventrella
suono: Dario Andreoli
Produzione: DispensaBarzotti
Coproduzione: Teatro Necessario – Centro Nazionale di Produzione di Circo Contemporaneo
Lo spettacolo fa parte di UNTERNEHMEN dans la culture 2021, programma d’accompagnamento per le giovani imprese culturali promosso da Ministère de la culture français, Relais Culture Europe e Institut français d’Allemagne
Una moka che versa caffè senza esaurirsi mai, il vaso di una pianta che prende vita e ci consola, un letto nel quale appaiono continuamente gli oggetti più disparati. La notte che Barnard si trova ad affrontare è continuamente costellata di accadimenti surreali a cui non riusciamo a dare risposta. Non possiamo essere sicuri che sia un sogno come non potremmo giurare il contrario. Che si tratti di sonno o di veglia, Barnard si trova a fare i conti con la propria realtà interiore cercando un equilibrio apparente nell’incoerenza delle sue emozioni, dei suoi desideri e pensieri. La magia per raccontare un sogno, oggetti quotidiani che si animano per dare vita alla nostra immaginazione, l’humour per navigare nella nostra interiorità. Il mondo che ci circonda è governato da leggi fisiche che marcano in maniera netta il confine tra illusione e realtà, ma cosa succederebbe se non fosse più così? Cosa accadrebbe se la nostra camera e i nostri oggetti dovessero scomparire, muoversi o levitare contro la nostra volontà?
The Barnard Loop, l’anello di Barnard – nebulosa nella costellazione di Orione di cui non conosciamo esattamente alcunchè – tratta con delicatezza la paura di essere un nessuno che nulla sa con certezza, la sensazione di essere un piccolo punto nell’immensità dell’universo. Tableaux in movimento e senza parole, le scene dello spettacolo raccontano questa paura attraverso il percorso di un giovane uomo in una notte d’insonnia. Il ritratto intimo delle paure e delle ossessioni di Barnard, personaggio perennemente indeciso, stralunato e maldestro, ma che non perde occasione per rivelarci tutta la sua fragilità. Lo spettacolo è un omaggio al mistero, all’imprevedibile, al destabilizzante e al surreale. Una traversata onirica di stati fisici e mentali dove ripetizioni, ubiquità e memoria ci conducono un’illusione senza fine.
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Sostegni alla produzione: Comune di Marsiglia – programma “action spectacle vivant” // Theater Laboratory Sfumato, Sofia // Officine CAOS, Torino // Centro di Residenza della Toscana (Armunia Castiglioncello – CapoTrave/Kilowatt), Sansepolcro // Teatro delle Briciole Solares Fondazione delle Arti, Parma. Residenze artistiche: Ville de Billom, Billom // Théâtre de Cuisine – Friche la Belle de Mai, Marsiglia // Le CIAM – Centre International des Arts en Mouvement, Aix-en-Provence // Ax-Animation, Ax Les Thermes // Pôle Jeune Public, Le Revest Les Eaux // Archaos, Pôle National Cirque, Marsiglia // Les Karnavires, Mimet // Carrozzerie | n.o.t, Roma // FAP – Fondazione Aurelio Petroni, San Cipriano Picentino // Circuito CLAPS, Brescia. Premi di produzione: Progetto vincitore del concorso “Odiolestate 2018”, Carrozzerie | n.o.t, Roma // Menzione speciale al festival “Tendenza Clown 2019”, Milano // Spettacolo finalista In Box Blu 2024 // Selezione “L’Italia dei Visionari 2024” – Kilowatt Festival
15 novembre | ore 21
MARCO D’AGOSTIN
GLI ANNI
vincitore premio ubu 2023_Miglior spettacolo di danza
con: Marta Ciappina
vincitore premio ubu 2023_Miglior performer
suono e grafica: Luca Scapellato
luci: Paolo Tizianel
conversazioni: Lisa Ferlazzo Natoli, Paolo Ruffini, Claudio Cirri
video editing: Alice Brazzit
costruzione elementi scenici: Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa promozione e cura: Damien Modolo
organizzazione: Eleonora Cavallo
amministrazione: Federica Giuliano, Irene Maiolin
produzione: VAN
“La sua vita potrebbe essere raffigurata da due assi perpendicolari, su quello orizzontale tutto ciò che le è accaduto, ha visto, ascoltato in ogni istante, sul verticale soltanto qualche immagine, a sprofondare nella notte.” (A. Ernaux, Gli anni)
Qualcuno ha scritto che c’è una distanza incolmabile tra quel che è successo un tempo e il modo in cui ci appare ora, ammantato di una strana irrealtà. La coreografia de Gli anni è costruita per tentare di ricucire questo strappo: l’incandescente storia di un singolo – Marta Ciappina, interprete unica per itinerario artistico e peculiarità tecniche nel panorama della danza italiana – invita gli spettatori a giocare con la propria memoria. Il corpo di Marta e gli occhi di chi la guarda intraprendono un viaggio che fa la spola tra il presente – il momento della performance, irripetibile incontro romantico – e il passato di ognuno, in una trama di andate e ritorni che confonde le storie, le canzoni e i ricordi. Su palco e platea si stende lenta l’ombra di un romanzo: l’invito è a scriverlo assieme, un’opera a cento mani che ci esorti ad attraversare le rovine guardando in alto.
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Coproduzione: Centro Nazionale di Produzione della Danza Virgilio Sieni e Fondazione CR Firenze; Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa; Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale; Festival Aperto – Fondazione I Teatri; Tanzhaus nrw, Düsseldorf; Snaporazverein. Sostegni: L’arboreto – Teatro Dimora | La Corte Ospitale ::: Centro di Residenza Emilia-Romagna; CSC/OperaEstate Festival Veneto. Con il supporto di: Istituto Italiano di Cultura di Colonia / MiC-Direzione Generale Spettacolo e Tanzhaus nrw, Düsseldorf, nell’ambito di NID international residencies programme.
7 dicembre | ore 21
KRONOTEATRO
BIG IN KOREA
drammaturgia: Maniaci d’Amore
regia: Luciana Maniaci e Kronoteatro
con:Tommaso Bianco e Maurizio Sguotti
produzione: Kronoteatro
coproduzione: Teatro Nazionale di Genova
Un questa nuova produzione si esplora «un momento di soglia nella vita, quello in cui si è quasi pronti. Quasi pronti a spiccare il volo. Quasi pronti a mollare la presa. Quasi pronti ad entrare nella vita, o a lasciarla. E si chiedono se il territorio del “quasi” possa espandersi all’infinito, fino a coprire tutta la superficie di una esistenza».
La vicenda narra di una sfuggente relazione – forse un’amicizia, forse più – tra un giovane e il suo vecchio allenatore di calcio. Da decenni i due si trovano ogni domenica al campetto del paese, ma non si allenano. Parlano, studiano, sognano: non è ancora il tempo, il momento in cui potranno iniziare a giocare. Così passa la vita, sognando di trasferirsi in Korea dove, a quanto pare, c’è sempre la possibilità di iniziare una carriera: anche per un vecchio solo e depresso e un ex giovane, ormai uomo, che ha superato i 35 anni di età. La dinamica tra i due è svelata con commovente lucidità, in una storia delicata e aspra, che svela il bisogno diffuso di costruire una realtà di sogno, fittizia, immaginifica, dove finalmente non si potrà mai fallire. Così, tra i fondamentali del calcio che si mescolano a dinamiche esistenziali, tra palloni che non rimbalzano e corse con l’asma, i due esserini, confinati in una periferia più emotiva che geografica, si ritrovano vecchi – quasi personaggi beckettiani – in attesa di una vita che non potrà mai arrivare.
11 gennaio | ore 21
CUBOTEATRO
SID. FIN QUI TUTTO BENE
vincitore del premio in-box 2023
Con: Alberto Boubakar Malanchino
vincitore premio ubu 2023_miglior attore under35
Scritto e Diretto da Girolamo Lucania
Musica live e sound design: Ivan Bert e Max Magaldi
Concept scenografico: Ivan Bert
Direzione Tecnica: Alessandro Vendrame
Videoproiezioni: Niccolò Borgia
Produzione: CUBO TEATRO
Sid. Italiano. Origini africane. Quindici anni. Forse sedici, forse diciassette. Veste sempre di bianco, perché il bianco è il colore del lutto per i musulmani. Vive come uno dei tanti ragazzi di una delle tante periferie dell’Occidente. Vive nel mondo drogato della società dello spettacolo. Per uscire dalla disperazione e dalla noia di nascosto legge, ascolta musica, vede film. Recita. Recita sempre. Fino a dimenticare di essere Sid. Colleziona sacchetti di plastica, di carta, di tessuto, di materiale biodegradabile. Tutti, rigorosamente, firmati. Bello, intelligentissimo, raffinato lettore, perfettamente padrone delle più sottili sfumature della lingua. Ha ucciso probabilmente per noia. Sicuramente per uno scopo più alto. Uccide soffocando le sue vittime nei sacchetti di plastica alla moda. La sua storia, è un film “senza montaggio”, un torrenziale monologo per batteria e voce: scorrono schegge di vita, di bullismo, di consumo, di ragazzi annoiati, dei “fuck you”, di canne, droga, desolazione, di vagabondaggi nei “templi del consumo”. Sid è il futuro incarnato. Bello, bellissimo, intelligente, Europeo di nascita, di origine algerina, non appartiene né all’Occidente, né alla cultura Africana. È il futuro. Un futuro senza identità. Un presente senza futuro. Sid cerca l’identità, il suo palcoscenico è il mondo, la sua croisette i Social, la vita il suo film. Il suo pubblico il mondo. Gli outfit bianchi, come il lutto per la sua vita, scintillante perché griffata. Sid impacchetta le vite di scarto, incartandole in buste firmate. Il serial killer del futuro. La Star.
1 febbraio | ore 21
ABBONDANZA/BERTONI
FEMINA
Coreografia: Antonella Bertoni
Con: Sara Cavalieri, Eleonora Chiocchini, Valentina Dal Mas, Ludovica Messina Poerio
Disegno luci: Andrea Gentili
Direzione tecnica: Claudio Modugno
Musiche: Dysnomia, Dawn of midi
Audio editing: Orlando Cainelli
Organizzazione, strategia e sviluppo: Dalia Macii
Amministrazione e coordinamento: Francesca Leonelli
Comunicazione e ufficio stampa: Francesca Venezia
Produzione: Compagnia Abbondanza/Bertoni
Plaudere: captatio benevolentiae o j’accuse? Al principio fu il battito: ironico battimano, cacciatrici a stanare la preda o inizio di un rituale sabbatico. Il loop insistente e geometrico comprime ed obbliga sostenendo e generando partiture rigorosamente formali, lasciando così momentaneamente celata dell’animo muliebre l’essenza. Nello svolgimento dell’azione scorre una chirurgica autoflagellazione coreografica sempre in ascolto di un tempo comune e di condivisione. Contemporaneamente battitrici e battute, tengono conto del monito riportato da Plutarco “Batti ma ascolta!”. Con un travestimento posticcio e movenze minimali il flusso ci porta nel gioco dell’identità femminile, effeminando, maschizzando, disimbambolando le quattro interpreti. Scorporazione e incorporazione di se stesse e l’altra: due poli, due luoghi fisici sulle rive opposte dello stesso fiume. Complici del loro stesso apparire si specchiano l’una nell’altra restituendo movenze specchiate, compresse e rivestite da un accompagnamento sonoro che magnetizza e fluisce senza alcuna reale interruzione né spazio per la melodia, ma solo per l’aridità del ritmo. “Femina” è lo spazio di traduzione e allucinazione in quadro scenico di possibili forme e nomi del donnesco e femmineo mondo contemporaneo.
In questo secondo episodio del progetto triennale “Io è un altro”, mettiamo subito in evidenza, scegliendo un titolo inequivocabile, l’intenzione di volgere verso l’universo femminile il nostro sguardo. Così come fu per “Idem”, scegliamo l’idioma latino anche per questo lavoro: “Femina” (femmina, donna), un sovratitolo (licenza poetica) che deforma provocatoriamente l’originale frase di Rimbaud: “Io è un altro”, trasformandola in “Io è un’altra” e un sottotitolo “homen nomen” che è una scommessa che vorremmo vincere cercando di tradurre in forme i mille nomi del femminile contemporaneo.
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Con il sostegno di: MiC – Ministero della Cultura, Provincia Autonoma di Trento, Comune di Rovereto, Fondazione Cassa di Risparmio Trento e Rovereto. Si ringraziano: Danio Manfredini, Marco Dalpane, Lucio Diana, Nadezhda Simenova
Anteprima: 22 febbraio | ore 21
Debutto nazionale: Torino, Teatro Gobetti – 25 febbraio 2025
MARCIDO MARCIDORIS E FAMOSA MIMOSA
LE BACCANTI
con: Paolo Oricco, Maria Luisa Abate, Valentina Battistone, Ottavia Della Porta, Alessio Arbustini, Mattia Pirandello, Vincenzo Quarta, Marco Isidori
luci: Francesco Dell’Elba, Fabio Bonfanti
scene e costumi: Daniela Dal Cin
regia: Marco Isidori
produzione: Marcido Marcidoris e Famosa Mimosa
coproduzione: TST – Teatro Nazionale/Marcido Marcidorjs e Famosa Mimosa
Alle soglie del quarantennale della loro avventura artistica, i Marcido tornano alla tragedia greca: una sorta di fil rouge nella loro produzione, che per la prima volta affronta Euripide dopo aver tratto dagli altri due tragici alcuni allestimenti rimasti nella storia della scena italiana. Il testo di Euripide, attraversato come d’abitudine dalla penna affilata dell’Isidori, vive in una riscrittura che trasporta la sensibilità attica nella temperie dell’oggi. La vicenda è riletta attraverso la lente del grottesco: la via dell’antica catarsi è percorsa da una spiccata dimensione ludica; trionfa il gioco del Teatro, affidato alla voce di un coro tragico che diventa Coro Marcido, catalizzatore di un’energia scenica travolgente, una voce sola, un tutt’uno con la macchina scenica che campeggia sul palco. Questa volta è il Palazzo di Penteo, l’ultima delle straordinarie invenzioni della scenografa Daniela Dal Cin: gli interpreti lo scalano, lo assediano, s’inerpicano sopra e dentro l’architettura aprendo botole e svelando meccanismi nascosti, nel segno di quella fantasia sorprendente che è il simbolo più vivo e più conosciuto del teatro dei Marcido.
15 marzo | ore 21
ALICE E DAVIDE SINIGAGLIA + AVOGADRO DR.SAMBA
CONCERTO FETIDO SU QUATTRO ZAMPE + REGULAR PANIC SHOW
di e con: Alice e Davide Sinigaglia
produzione SCARTI Centro di Produzione Teatrale d’Innovazione
Concerto fetido su quattro zampe lo abbiamo scritto passeggiando fra le vie della nostra triste città, sognato negli inverni nucleari di provincia, voluto nella casa in cui siamo cresciuti e cantato davanti a un pianoforte: lo stesso davanti al quale nostra madre ci ha insegnato a suonare. Adesso vogliamo portarlo su un palco. Portare noi stessi su un palco. Fratelli, musicisti, uomini, animali. Nella desolazione della città in cui siamo cresciuti chiediamo aiuto agli animali che siamo. Ci vengono in soccorso L’animale che dunque sono di Jacques Derrida e l’album Destroy the Enemy dei DSA commando, gruppo rap dei primi anni 2000, cani sciolti venuti fuori dalla nostra terra, liguri come noi, gente cresciuta fra il vento delle scogliere e le strade lasciate sporche dai turisti. Da questo strano connubio nasce il nostro concerto e la sua domanda è sull’animalità, sul senso della ferocia e su questa nostra maledetta evoluzione. Da due poli diversi del mondo, un rap dimenticato e un pamphlet filosofico, ci interrogano su chi dunque siamo quando siamo nudi come bestie di fronte alle bestie che siamo. Ci chiedono perché ci mettiamo lo smalto sulle zampe. Perché nessuno si annusa più il culo. Da quand’è che ha vinto il decoro. La pulizia. La sicurezza.
Avogadro dr.Samba è un gruppo di percussionisti under 30 fondato alla spezia nel 2022 diretto da Davide Sinigaglia e composto da sette musicisti e performer. Attraverso strumenti a percussione e l’utilizzo di synth e tastiere il gruppo compie un’ esplorazione musicale che spazia dalla musica elettronica al punk. Come in un laboratorio il dottor avogadro crea la sua musica assemblando nuovi mostri sonori che da atmosfere più gotiche passano a sapori più acidi fino a tornare a ritmi latini. Avogadro dr.Samba utilizza anche le arti performative per arricchire i suoi concerti di una dimensione teatrale. Le creature del dottore agiscono recitando testi muovendosi nello spazio e trasformando i loro corpi sotto la guida del loro creatore.
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Un progetto Romaeuropa Festival 2023 nell’ambito di ANNI LUCE_osservatorio di futuri possibili in collaborazione con: Carrozzerie | n.o.t e 369gradi srl. Corealizzazione residenze: Periferie Artistiche – Centro di Residenza Multidisciplinare del Lazio in network con ATCL – circuito multidisciplinare del Lazio per Spazio Rossellini polo culturale multidisciplinare regionale, Teatro Biblioteca Quarticciolo, Cranpi
5 aprile | ore 21
ZEROGRAMMI
IL RACCONTO DELL’ISOLA SCONOSCIUTA
un progetto di: Stefano Mazzotta
con: Amina Amici, Damien Camunez, Riccardo Micheletti, Alessio Rundeddu, Gabriel Beddoes |
disegno luci: Tommaso Contu, Stefano Mazzotta
collaborazione alla drammaturgia: Silvia Battaglio
costumi: Stefano Mazzotta
scene: Jacopo Valsania
cura della produzione: Valentina Tibaldi
direzione tecnica: Tommaso Contu
segreteria di produzione: Maria Elisa Carzedda
produzione: Zerogrammi in collaborazione con INTERCONNESSIONI /Tersicorea_Cagliari, Cantieri Teatrali Koreja. Con il sostegno di: Regione Piemonte, MIC_Ministero della Cultura.
Quando uno vive, vive e non si vede (Luigi Pirandello)
Un uomo chiede al re una barca per andare in cerca di un’isola sconosciuta. Esaudita la richiesta, questi parte (o sogna di partire) per un viaggio poetico e onirico, ricco di simboli e metafore. Quello sognato o intrapreso dall’uomo è dunque un viaggio che lo condurrà alla ricerca di sé, alla coscienza di ciò che è disposto a lasciare in porto per salpare libero, un viaggio di crescita di quelli che capitano ai protagonisti di ogni fiaba per il quale gli è richiesto il più coraggioso e spaventoso degli atti di fede: abbandonare la certezza e abbracciare l’ignoto, la domanda, il mistero e l’incanto. Attraverserà, nella metafora del viaggio per mare, le sue medesime profondità, muovendo e svelando parole che non sapeva di avere, abbracciando la sua fragilità come la parte più distintiva di sé, realizzando che egli stesso è l’isola misteriosa di cui va in cerca, la domanda, il luogo eternamente sconosciuto e incollocabile poiché parte di un eterno cambiamento, viaggio che dimentica la partenza e partenza che desidera il ritorno verso o da un oltre-isola sconosciuta, invisibile che diventa concreto e raggiungibile solo nella sua raffigurazione, tensione alla scoperta, culla della memoria, crogiuolo di partenze e ritorni, identità.
Se non esci da te stesso, non puoi sapere chi sei (Josè Saramago)
Il progetto coreografico Il racconto dell’isola sconosciuta, liberamente ispirato all’omonima opera di José Saramago, si inscrive all’interno di un più ampio progetto artistico intorno al tema del tempo, del suo scorrere e della condizione emotiva e sociale che questa relazione innesca. Sulla scia del procedente Elegìa delle cose perdute (i cui quadri coreografici declinano la relazione umana con il tempo passato, con ciò che è abbandonato, perduto, lasciato indietro, restituendo una riflessione su temi quali memoria, nostalgia, appartenenza e esilio) questa creazione concentra la propria ricerca sul rapporto con il tempo futuro, sulla condizione presente, sospesa e incerta, che traghetta le nostre esperienze verso i desideri e le speranze di là da realizzarsi. Questo rapporto, questa percezione spiccatamente umana circa il tempo e il suo scorrere è parte della nostra natura di esseri narrativi, naturalmente predisposti a raccontare e ascoltare storie in cui poterci riconoscere, che affondano le proprie radici nell’esperienza passata e che tornano a vivere nel presente raccontandoci ciò che siamo e di cosa siamo parte per guidarci nel trascorrere dei giorni. La natura che ci muove vi moltiplica intorno significati e ragioni al solo scopo di mettere a fuoco un senso del vivere. Vi è radicata all’interno la domanda delle domande, luogo misterioso di partenze e ritorni della filosofia e del pensiero umano sin dalla notte dei tempi: io chi sono? Nel persistere della domanda sta la fame di nominare le cose tutte, per conoscerle e per conoscersi e distinguersi: il logos indispensabile a definire un’identità. Ma questo ancora non basta poiché, d’altro canto, noi tutti siamo un più rispetto a questa definizione, un altro, un cambiamento e una contraddizione, un luogo sconosciuto ancora e sempre da scoprire, descrizioni di descrizioni. Perciò sarà continuamente insufficiente la risposta e incessante e lacerante e inconcludente il viaggio in cerca di sé. Ciò che siamo è nella domanda: non è dato né certo, è l’uno, il nessuno, il centomila, è la somma dei millimetri del viaggio, è una profondità che dimora sotto la pianta dei nostri piedi. Eppure la vita non è altro che un eterno presente e l’esistere è cosa dell’istante: il Goethiano Augenblick in un’assetata ricerca del senso della vita, in uno spazio liquido che è superficie e fin dove i nostri occhi possono vedere, fluttuante e sospeso sul passato sotto di noi che è sommerso sotto il mare del tempo.