La bella primavera

PRIMA: Carignano, Piazza S. Giovanni, 14 settembre 1984 TESTO: Aldo Longo , testimonianze di ex partigiani REGIA: Vincenzo Gamna.

Il Carmagnola

TRAGEDIA POVERA, DI COMICI E CONTADINI PRIMA: Carmagnola, Piazza S. Agostino, 18 giugno 1983 TESTO: Vincenzo Gamna e Aldo Longo REGIA: Vincenzo Gamna MUSICHE: Carlo Artero COSTUMI: Luigi Genero SCENOGRAFIA: Costanzo Pasquetti COREOGRAFIE: Carla Galliano INTERPRETI: Oltre cento attori di Carignano, Carmagnola, La Loggia, Orbassano, Osasio, Pancalieri, Salsasio, Villastellone, Virle. Con la voce di Edmonda Aldini Libretto 1834: il colera è giunto per la prima volta in Europa, rinnovando i non sopiti terrori delle ricorrenti, mortali epidemie di peste. Una compagnia di attori che vaga per la provincia piemontese su un carro traballante, viene bloccata, tra Carignano e Carmagnola, dal cordone sanitario e per sopravvivere si ingegna a mettere in scena per i borghigiani la storia di un loro illustre concittadino, Francesco Bussone detto “Il Carmagnola”. IL capocomico ha partecipato, in un modesto ruolo alla rappresentazione della tragedia manzoniana Il Conte di Carmagnola avvenuta a Milano qualche anno prima (1828), e sulla scorta di quella esperienza guida i compagni nell’allestimento di uno spettacolo popolare che viene ideato e rappresentato, con l’aiuto dei contadini, in momenti e situazioni diverse e successive, con interpolazioni dell’onnipresente tragedia manzoniana. Il motivo conduttore dello spettacolo-biografia del Carmagnola, che sfrutta tutte le risorse del teatro popolare di piazza (musiche, canzoni, tableaux vivants…), coinvolge una seconda rappresentazione fatta con gli stessi mezzi espressivi e ne scandisce tempi e ritmi: quella dei rapporti di volta in volta arguti, teneri, sentimentali o burrascosi dei comici con la gente che li ospita. Un affresco di vita della Carmagnola contadina dell’Ottocento, che precede l’avvento della trasformazione industriale, ma già ne coglie i segni premonitori.

Le man veuide

IL SETTECENTO DEI CONTADINI PRIMA: Carignano, Piazza S. Giovanni, 11 settembre 1981 TESTO: Vincenzo Gamna e Aldo Longo REGIA: Vincenzo Gamna MUSICHE: Carlo Artero, Domenico Ravizza, Eraldo Sommacal COSTUMI: Lionello Genero SCENOGRAFIA: Koji Miyazaki COREOGRAFIE: Carla Galliano INTERPRETI: Piera Meinardi (la portinaia), Nuccio Cantamutto (Vittone), Orazio Ostino, Filippo Lomello e centoventi attori carignanesi Articolo tratto da “La Stampa” Un paese intero recita “Le man veuide” Epopea di straccioni nella Carignano del ‘700 Continua la marcia regolare di Vincenzo Gamna nella storia, le cronache, la gente di Carignano. Quattro anni, quattro spettacoli, anzi quattro autodrammi. L’ultimo, in scena come di consueto in piazza San Giovanni, è Le man veuide, scritto dallo stesso Gamna in collaborazione con Aldo Longo e rappresentato dalla gente di Carignano e dei comuni vicini. Gamna risuscita un Settecento minore, appartato, lontano dai grandi rivolgimenti politici eppure, a suo modo, così rivoluzionario e lacerato. Racconta la fondazione dell’ospizio Frichieri, nella prima metà del secolo “illuminato”, e da questa cellula narrativa spinge lo sguardo all’assetto politico e sociale di Carignano. Spiega innanzi tutto le ragioni storiche della costruzione, adombrando così quei motivi di sicurezza sociale, quei timori di rivolta che spingevano Vittorio Amedeo II a sollecitare l’edificazione di ricoveri, che erano al tempo stesso alberghi dei poveri ed orfanotrofi. Ed è interessante vedere, nello spettacolo, come l’editto venga utilizzato dalla classe nobiliare non solo per rendere ancora più netto il distacco da sé e la corte plebea che sfila turbolenta sotto i suoi occhi, ma anche per esercitare una forma di carità pelosa e per fare emergere la propria ipocrisia e vanesia generosità. Gamna ha raccontato questa epopea di straccioni con finezza e gusto, non si è mai lasciato travolgere dagli intenti dimostrativi. Sebbene impegnato nel lavoro di ricostruzione storica, Gamna non ha mai dimenticato di essere un uomo di spettacolo e ha insinuato nella rappresentazione momenti teatralissimi, che culminano nelle baruffe vagamente goldoniane del mercato, nell’irresistibile minuetto del serviziale e nei tableaux vivants che, pur così suggestivi, rischiano di sconfinare nel puro decorativismo. Osvaldo Guerrieri Articolo tratto da “La Voce del Popolo” Festa e popolo Per sei sere Carignano ha celebrato se stessa. Si è messa in scena in tutti i sensi. “Le man veuide” di Aldo Longo e Vincenzo Gamna – che ne è anche il regista – racconta il dramma della vecchiaia attraverso le vicende del locale Ospizio Frichieri al tempo della sua fondazione, nel ‘700. E’ una storia di paese che ripete le situazioni diffuse nel secolo dei lumi: i poveri i vecchi, i bambini – l’utilità scoperta degli “Ospizi” e degli “Alberghi” – vengono in questi emarginati, più per esigenze di ordine pubblico e di stabilità sociale che per sentimenti religiosi e di carità. A recitare la commedia in due tempi e venti scene, presentata dalla cooperativa “Progetto Cantoregi” sono in 120: festa di popolo. Dietro c’è tutta la collaborazione del paese. Gli attori non professionisti costituiscono una vera sorpresa: ben diretti, recitano altrettanto bene, forse perché non recitano, ma vivono. La narrazione procede per quadri policromi, a grande effetto, quasi imposti dal regista, che bloccano a tratti il libero fluire della rappresentazione popolare. Teatro di popolo, con scene ed espedienti che vogliono forzatamente ricreare la classica impostazione del teatro chiuso. Nel complesso la suggestiva soluzione scenica, ricavata al cospetto dell’austero duomo in piazza San Giovanni, le funeree processioni e gli allegri cortei, i continui rimandi tra il grigio e il colore, tra la febbrile esistenza del popolo e l’inebetita oziosità dei marchesi,. Tra la puzza di morte e il profumo di vita, l’inaspettata bravura degli attori, offrono un risultato eccellente e godibilissimo. Sembra di partecipare ad una di quelle cerimonie che da sempre abbiamo nella mente, sappiamo che esistono, ma non possiamo dire da dove vengano. Come i vecchi che raccontano storie. Lo spettacolo di Carignano è l’ingegnosa visualizzazione dei loro ricordi, dei racconti dei nonni e dei vecchi zii. Sfugge un po’ d’enfasi, ma la secca saggezza piemontarda è vigile. E il pubblico rimane, affascinato e incuriosito sopportando anche la pioggia. Gian Luca Favetto

‘Na scudela ‘d fioca

PRIMA: Carignano, Piazza S. Giovanni, 7 settembre 1979. Una nuova edizione dello spettacolo è stata effettuata Carignano settembre 1980, per consentire le riprese di ’Na scudela ’d fioca, autodramma di una città, realizzata dalla Rai nel 1980, a cura di Piero Bianucci TESTO: Vincenzo Gamna REGIA: Vincenzo Gamna MUSICHE: Carlo Artero COSTUMI: Koji Miyazaki SCENOGRAFIA: Cornelio Pecchio INTERPRETI: Lazzaro Nicola (Lazzaro Pejretti), Rita Fagnani (la signora Pejretti), Geppe Vassarotto (Geppe Pejretti) Piera Meinardi (la vedova Audiberti) e circa duecento attori di Carignano e dei comuni limitrofi Tratto da “La Stampa” “’Na scudela ‘d fioca” a Carignano Il dramma di una città che recita se stessa Hanno lavorato per mesi intorno alle vicende della loro città. Hanno frugato nelle biblioteche per trovare documenti e testimonianze, sono andati a cercare nelle soffitte gli abiti dei loro nonni: alla fine, gli abitanti di Carignano, guidati dal regista Vincenzo Gamna, hanno allestito “’Na scudela ‘d fioca”, dramma di una città che recita se stessa e, col pretesto del teatro, riannoda i fili con un passato che avrebbe forse rischiato l’oblio. Questo terzo “autodramma” abbraccia gli anni compresi tra il 1880 e il 1918. Attraverso le vicende della famiglia Pei retti, passa in esame gli avvenimenti traumatici di quel periodo: la rivoluzione industriale, il lavoro minorile, i tumulti di Torino nel ’17, quando era divenuta gravissima la crisi economica, e lo scoppio della grande guerra. Ci sarebbe da rabbrividire dinanzi ad una tale ricchezza e complessità di temi. Ma Gamna e i duecento carignanesi che hanno messo mano all’operazione hanno dimostrato un coraggio straordinario e hanno montato uno spettacolo che riserva momenti di bella intensità e qualche inopinato scivolone. Gamna è bravissimo nel creare le scene corali, fa muovere trenta, quaranta attori non professionisti con assoluta naturalezza; è impagabile nel creare tableaux vivants (ad esempio la marcia del quarto stato dipinta da Polizza da Volpedo); provoca un sicuro coup de theatre quando fa passare la nave sulla quale si erano imbarcati gli emigranti per l’Argentina; visualizza benissimo il valzer del capitale con la borghesia sullo sfondo della disperata miseria contadina. Quando infligge salutari colpi di piccone alla retorica patriottarda, utile ai generali e ai “pescecani”, rischia però di cadere nella retorica opposta, quella degli umili che pagano sempre per le guerre provate dei potenti. Ma, soprattutto, che bisogno aveva di far recitare il famoso monologo di Artuffo “Dammi quella litura…”? E’ un momento che spiazza il senso dell’intera operazione. Sarà stata, pensiamo, una debolezza nei confronti del “teatro” e dell’intrattenimento, ma non erano rivolti a questo fine gli sforzi dell’intera popolazione. Osvaldo Guerrieri Articolo tratto da EPOCA Che sorpresa un paese in una ciotola di neve Una sera di fine estate a Carignano, venti chilometri da Torino. “Le suore di clausura al loro posto” intima una voce degli altoparlanti nella vasta piazza San Giovanni. Che sia sua Eccellenza il vescovo, santamente deciso a diffondere una pubblica reprimenda a qualche comunità di monache fuorviate? Il sospetto è immediatamente fugato dalla stessa voce che, perentoria, invita a prendere il loro posto “anche quelli del Quarto Stato”. Dopo di che, le luci si accendono sul palcoscenico montato davanti al duomo e si va a cominciare. L’immaginario prelato è, in realtà, Vincenzo Gamna, regista di scuderia Rai ma, in quanto genius loci carignanesi, animatore appassionato e guida degli spettacoli con cui, da quattro anni, la città di sabaude rimembranze sceneggia e racconta le sue vicende. Sull’esempio dell’ormai illustre Teatro Povero di Monticchiello, vanno molto di moda questi “autodrammi”, termine che significa drammi fatti in casa per uso e consumo interno. Una gran festa tra compaesani o concittadini. Quest’anno, a replica dell’anno scorso, per tre sere e per la ripresa televisiva, di carignanesi in scena ce ne sono stati un centinaio, a raffigurare antenati e ascendenti in pagine topiche di storia locale tra il 1880 e la gloria di Vittorio Veneto. Povere tessitrici, perfidi aristocratici e avidi borghesi, miseri emigranti su tanto di nave Sirio, burbanzosi generali e fantaccini da macello, il capitano che l’è ferito ta-pum ta-pum, operai in sciopero, oltre alle già citate monache di clausura estromesse dalla loro casa di preghiere e ai contadini del “Quarto Stato” schierati secondo il pennello di Polizza da Volpedo. Una successione di quadri, per fortuna più plastici che recitati, sostenuto da una colonna sonora continuamente svariante, ricchi di popolaresco esito figurativo e trasudanti la nobile intenzione di stigmatizzare l’esosità dei ricchi, la sanguinaria idiozia della guerra, l’insulsaggine dell’amor patrio, le distorsioni del clericalismo: per converso, scandite dalle vicende di una famiglia tipo, l’affettuoso ritratto d’una società proletaria umiliata e offesa, talvolta costretta a sfamarsi, come vuole il titolo dell’autodramma, con ‘na scudela ‘d fioca, ovvero una ciotola di neve. “Ah, questi Brecht della riva sinistra del Po”, mi ha bisbigliato all’orecchio, senza ironia, un amico carignanese, mentre la piazza echeggiava di fervidissimi applausi e gentili fanciulle distribuivano gianduiotti. Carlo Maria Pensa

La Passione e la Sindone di Gesù

Secondo i bambini di Carignano PRIMA: Carignano, Piazza S. Giovanni, 27 agosto 1978 TESTO: Vincenzo Gamna REGIA: Vincenzo Gamna e Koji Miyazaki SCENE E COSTUMI: Koji Miyazaki INTERPRETI I bambini di Carignano

Carignan d’Antan

PRIMA: Carignano, Piazza S. Giovanni, 8 settembre 1978 TESTO: Vincenzo Gamna REGIA: Vincenzo Gamna MUSICHE: Carlo Artero COSTUMI: Koji Miyazaki SCENOGRAFIA: Cornelio Pecchio INTERPRETI: Rita Fagnani (la madre), Silvana Fagnani (la fi glia), Geppe Vassarotto (barba Felice, “Geppe del bersaglio”), Nuccio Cantamutto e oltre duecento persone tra attori e fi guranti

Proibito invecchiare

PRIMA: Carignano, Piazza S. Giovanni, 3 settembre 1977 TESTO: Tratto dall’originale Vietato invecchiare andato in scena a Monticchiello nel 1976. Rielaborazione di Vincenzo Gamna REGIA: Vincenzo Gamna INTERPRETI: Geppe Vassarotto (l’anziano Luigi). Complessivamente cento attori in scena